La leggenda dell’Accademia di Napoli
Parte 1: All’origine di un errore (*)

di Giovanni Battista Tomassini
Tra i molti luoghi comuni di cui è disseminato il racconto della storia equestre, in particolare quello della tradizione italiana rinascimentale, uno dei più tenaci e diffusi è quello relativo all’esistenza, nel XVI secolo, di una fantomatica Accademia a Napoli, dove si sarebbe insegnata l’arte equestre. A seconda delle versioni, in questa Accademia non solo avrebbero insegnato l’equitazione i due maestri più celebri del Regno di Napoli, vale a dire, Federico Grisone e Giovan Battista Pignatelli, ma si sarebbe formato (e, secondo alcuni, avrebbe anche insegnato) il ferrarese Cesare Fiaschi. Il fatto curioso è però che, sebbene l’esistenza di quest’accademia napoletana venga data per scontata e ribadita da praticamente tutte le ricostruzioni della storia dell’equitazione italiana, almeno dal XVIII fino al 2013, non se ne trova traccia in alcuna fonte dell’epoca!
Nel frontespizio del suo celebre trattato, Ordini di cavalcare (1550), il primo pubblicato a stampa sull’arte di ammaestrare il cavallo per l’uso della guerra, Grisone si qualifica semplicemente come “Gentil’Huomo Napoletano”, senza alcun accenno alla sua appartenenza a una Accademia. Visto il prestigio di cui simili istituzioni godevano all’epoca, è difficile credere che l’omissione di un simile titolo possa essere avvenuta per una forma di understatement, a dire il vero assai poco di moda in quel periodo. Allo stesso modo, nessuna delle diverse testimonianze dell’epoca, che ci segnalano Giovan Battista Pignatelli prima a Roma, al servizio degli Orsini e poi del Gran Cardinale Alessandro Farnese, poi a Napoli, dove si sarebbe ritirato in tarda età per insegnare l’arte equestre a numerosi allievi, anche stranieri, ci dicono che egli insegnasse in un’accademia. Infine, se si consulta l’imponente Storia delle accademie d’Italia di Michele Maylander (cfr. MAYLANDER, 1926-30) – il più ampio e documentato repertorio sulla materia, che censisce ben 2050 accademie dal XV al XIX secolo – si scopre che nessuna delle 177 accademie napoletane citate può essere in alcun modo ricondotta alle figure di Pignatelli o di Grisone, né all’insegnamento dell’equitazione a Napoli nel XVI secolo. Da dove nasce allora la certezza di tanti autori?
Sinora i mie tentativi di risalire alla più antica menzione di questa fantomatica accademia napoletana, mi hanno portato a individuarla nel testo di un importante autore straniero, nato nell’ultimo decennio del XVI secolo e autore di un celeberrimo trattato equestre. Si tratta di William Cavendish, duca di Newcastle. Schieratosi con Carlo I Stuart, durante la prima guerra civile inglese, l’allora ancora marchese di Newcastle lasciò l’Inghilterra alla volta di Amburgo, in Germania, accompagnato dai due figli e dal fratello Charles, dopo lo disfatta delle truppe realiste da parte delle forze parlamentari a Marston Moor, il 2 luglio 1644. Nell’aprile del 1645, la famiglia si spostò a Parigi. Quindi, nel 1648, Cavendish lasciò la Francia alla volta di Rotterdam con l’intento di unirsi al principe di Galles al comando di una flotta ribelle, ma alla fine prese residenza ad Anversa dove rimase sino alla Restaurazione, nel 1660.
Pur non potendo più disporre delle immense ricchezze di quando era in patria, in questo periodo il marchese, che s’era sempre occupato di allevamento di cavalli e d’equitazione, acquistò diversi cavalli spagnoli e barberi e si dedicò ad addestrarli, in un maneggio che attirò l’attenzione di molti principi e grandi signori in vista nei Paesi Bassi cattolici. Fu in questo periodo che scrisse e fece tradurre in francese il suo Methode et invention nouvelle de dresser les chevaux, che venne dato alle stampe ad Anversa nel 1657, presso Jacques van Meurs. Questa prima edizione dell’opera, ornata di magnifiche tavole, è rarissima perché venne stampata in una tiratura piuttosto limitata, che fu ulteriormente ridotta da un incendio nel magazzino del libraio (Menessier, Tome II, p. 248. La prima edizione fu ristampata a Londra nel 1737, presso Jean Brindley, su una carta di qualità nettamente superiore. Il testo e le tavole sono identici. Unica differenza è che è stato aggiunto un I all’anno di stampa sul frontespizio, che così indica il 1658 e questo spiega perché molte bibliografie e testi datano il Methode, 1658, anziché 1657).

Dopo il suo ritorno in Inghilterra, Newcastle, che venne nominato duca nel 1665, si ritirò dalla vita pubblica e continuò a dedicarsi alla sua passione per i cavalli. Cedendo all’insistenza dei suoi compatrioti, nel 1667, pubblicò a Londra un’edizione inglese della sua opera: A new method, and extraordinary invention, to dress horses. Pur portando lo stesso titolo, quest’opera è molto diversa da quella pubblicata nel 1657. Nell’Avvertenza al lettore, lo stesso autore spiega, infatti, che il nuovo testo rende conto delle ulteriori riflessioni ed esperienze da lui fatte a partire dalla pubblicazione del primo trattato e che, quindi, non deve essere considerato né una traduzione, né un’integrazione, ma un’opera a sé stante.
Questo nuovo libro fu successivamente tradotto e pubblicato in francese, sempre a Londra, presso Thomas Milburn, nel 1671. Per ammissione dello stesso editore, che lo precisa in una breve Avvertenza preliminare, questa traduzione contiene molti errori, perché il traduttore non era un uomo di cavalli e lo stampatore non conosceva il francese. Non sappiamo chi fosse il traduttore, ma queste circostanze sono particolarmente rilevanti al fine della nostra indagine.
La prima macroscopica differenza tra la prima edizione (1657) e la seconda, in inglese (1667), del trattato di Newcastle è che, in quest’ultima, l’autore inizia la prima parte del trattato vero e proprio con un excursus storico “Of the several Authors that have Written of Horse-manship, both Italians, French and English” (sui “diversi autori che hanno scritto di equitazione, sia italiani, francesi che inglesi”). L’opera si apre con un tributo (piuttosto esagerato) al primato degli italiani:
THis Noble Art was first begun and Invented in Italy, and all the French and other Nations went thither to learn; the seate of Horse-manship being at Naples.
(NEWCASTLE, 1667, p. 1. “Questa Nobile Arte ebbe inizio e venne e inventata in Italia e tutti i francesi e i cittadini di altre nazioni andavano lì per impararla; essendo la sede dell’arte della cavalleria a Napoli”. [traduzione nostra])

Quindi, elenca gli autori italiani, partendo da Grisone e citando una serie di cavallerizzi italiani, che hanno esercitato la loro arte in Inghilterra. Questa rapida panoramica si conclude con la citazione del cavaliere italiano il cui magistero è rimasto immortalato dalla riconoscenza tributatagli dai suoi illustri allievi stranieri: Giovanni Battista Pignatelli. Di lui Newcastle scrive:
But the most Famous man that ever was in Italy, was at Naples, a Neapolitan, call’d Signior Pignatel; but he never Writ: Monsieur La Broue Rid under him five years: Monsieur De Pluvinel nine years: And Monsieur St. Anthoine many years. The Liberty, which is the best for Bitts, at this Day, we call A La Pignatel.
(NEWCASTLE, 1667, p. 3. “Ma l’uomo più Famoso che ci fu mai in Italia, fu a Napoli, una napoletano chiamato Signor Pignatelli; ma non scrisse mai [un libro]: il Signor de La Broue montò sotto la sua guida per cinque anni: il Signor De Pluvinel nove: e il Signor St. Anthoine molti anni. Il morso a Libertà [di lingua], che è il migliore tra i morsi, lo chiamiamo Alla Pignatelli”)
Fin qui tutto bene. I giudizi del duca sono un po’ tagliati con l’accetta, in realtà, nel suo libro Pluvinel afferma di aver studiato presso Pignatelli sei anni e non nove (PLUVINEL, 1625, p. 30), ma la sintesi di Newcastle è abbastanza fedele. Nella traduzione francese dell’opera, pubblicata quattro anni dopo, troviamo però una variante significativa:
Ce Noble et Excellent Art fut premierement commencè et inventè en Italie, ou tous les François et plusieurs d’autres Nations alloient pour l’apprendre: Ce feut a Naples, ou la premiere Academie pour monter a Cheval feut establië, et Frederic Grison Neapolitain feut le premier qui en escrivit, ce qu il fist en vray Cavalier, et comme un grand Maistre en un Art qui n’estoit alors qu’en son Enfance.
(NEWCASTLE, 1671, pp. 1-2. “Questa Nobile arte fu avviata e inventata in Italia, dove tutti i Francesi e molti di altre Nazioni andavano per apprenderla; fu a Napoli che venne istituita la prima Accademia per montare a cavallo, e Federico Grisone Napoletano fu il primo che ne scrisse, cosa che fece in quanto vero Cavaliere, e grande Maestro di un’Arte che allora era solo nella [epoca della] propria Infanzia”.)
Nella traduzione francese compare un’accademia di Napoli, che non esisteva nella versione inglese (verisimilmente fedele al testo dell’autore). E non un’accademia qualunque. Nientemeno che la prima Accademia equestre! D’altronde, se Napoli veniva qualificata dall’autore come “la sede” dell’arte della cavalleria, era facile pensare che lì fosse stata fondata la prima accademia per insegnarla. Soprattutto in un epoca, la seconda metà del XVII secolo, in cui le accademie, ispirate ai modelli italiani del Cinquecento, erano ormai istituzioni piuttosto diffuse in Europa.

L’autorità di Newcastle e la novità del suo sintetico excursus storico iniziale si imposero come modello ai successivi trattati. Il fatto che la conoscenza del francese fosse all’epoca molto più diffusa di quella dell’inglese e che la prima edizione del 1657 fosse molto rara, favorì la larga diffusione della traduzione del 1671 del suo trattato. Una sintesi storica analoga a quella erroneamente tradotta di Newcastle si trova, per esempio, nell’École de cavalerie di François Robichon de La Gueriniére, del 1733, che manifestamente si ispira al suo illustre predecessore inglese. Anche lui, ripercorrendo la storia degli autori che lo hanno preceduto scrive:
Il signor de La Broue visse sotto il regno di Enrico IV. Ha composto un’opera in folio che contiene i principi di Giovan Battista Pignatelli suo Maestro, il quale teneva Accademia a Napoli: Questa Scuola aveva una così gran reputazione, che la si considerava come la prima al mondo. Tutta la Nobiltà di Francia e di Germania, che voleva perfezionarsi nella Cavalleria, era obbligata ad andare a prendere lezioni da questo illustre Maestro. (LA GUÉRINIÈRE, 1733, pp. 60-61 [traduzione nostra])
L’autorevolezza di La Guérinière, impone un ulteriore sigillo di garanzia alla presunta storicità dell’accademia napoletano, in cui avfrebbe insegnato Pignatelli, che grazie al grande successo del libro del maestro francese, ebbe enorme diffusione. La ritroviamo, per esempio, citata nello splendido trattato di Manoel Carlos de Andrade Luz da liberal e nobre arte da cavallaria (1790) – vero e proprio monumento dell’arte equestre portoghese –, il cui iniziale excursus storico è una traduzione quasi letterale di quello di La Guérinière:
La Broue compose un volume in folio, che contiene le massime principali di Giovan Battista Pignatelli, suo Maestro, e dell’Accademia di Napoli. Questa scuola raggiunse una così alta rinomanza nella sua epoca, che era reputata la migliore del Mondo; tanto che tutta la Nobiltà dell’Italia, di Napoli, della Francia e della Germania si vantava di aver preso lezioni da un Maestro tanto eccellente. Pluvinel andò dalla Francia a Napoli, e fu anche lui discepolo di Pignatelli, e quando nel 1589 Enrico IV il Grande, Re di Navarra, fu chiamato a succedere alla Corona di Francia, lo accompagnò, e fu suo Cavallerizzo, e Maestro di Luigi XIII, il Giusto. (DE ANDRADE, 1790, p. 4 [traduzione nostra])
Dopo la Guérinière, d’altronde, anche gli autori italiani cominciano a citare l’Accademia di Napoli e a vantarne il primato. A quanto pare, insomma, questa famigerata istituzione sarebbe il frutto di un errore di traduzione, tramandato di bocca in bocca e affermatosi grazie all’autorità di autori stranieri, di quasi un secolo posteriori rispetto all’epoca della sua presunta esistenza. Resta però da chiedersi cosa abbia ispirato tale errore di traduzione e per far questo occorre chiarire cosa fossero originariamente le accademie e come si trasformarono nel tempo.
(*) Pubblicato in francese sul sito della Bibliothèque Mondiale du Cheval
Continua..
Bibliografia
Manoel Carlos de ANDRADE, Luz da liberal e nobre arte da cavallaria, Lisboa, na Regia Officina Typografica, 1790.
William CAVENDISH, Duke of Newcastle, A new method, and extraordinary invention, to dress horses, London, printed by Tho. Milbourn, 1667.
William CAVENDISH, Duke of Newcastle à Londres, Methode et invention nouvelle de dresser les chevaux , chez Th. Milbourn, 1671.
François Robichon de LA GUERINIERE, École de cavalerie, Paris, impr. de Jacques Collombat, 1733.
Michele MAYLANDER, Storia delle Accademie d’Italia, Bologna-Trieste, Cappelli, 1926-30, 5 vol. (rist. anastatica Bologna, Forni, 1976).
Gabriel-René MENNESSIER DE LA LANCE, Essai de Bibliographie Hippique donnant la description détaillée des ouvrages publiés ou traduits en latin et en français sur le Cheval et la Cavalerie avec de nombreuses biographies d’auteurs hippiques, Paris, Lucien Dorbon, 1915-21.
Antoine de PLUVINEL, L’instruction du Roy en l’exercice de monter à cheval, Paris, M. Nivelle, 1625.
1 Comment
Join the discussion and tell us your opinion.
Thanks Giovanni for giving us further explanations concerning the History of the Art of Equitation..