Morsi dell’Età del Bronzo

Morso in bronzo con guardie decorate del Luristan
© Trustees of the British Museum – London

di Giovanni Battista Tomassini

Come abbiamo visto nel mito di Pegaso e Bellerofonte, l’applicazione del morso era considerata nell’antichità un momento determinante della sottomissione del cavallo alla volontà del cavaliere. Si ritiene che le prime rudimentali imboccature fossero realizzate con materiali deperibili, come corde di crini, oppure osso. I morsi in metallo più antichi risalgono all’Età del Bronzo ed erano concepiti secondo un principio assimilabile a quello del “filetto” attuale, erano cioè costituiti da un cannone (rigido, o snodato) esercitante una pressione diretta sulle barre, ai cui estremi erano assicurate le redini mediante anelli metallici. Generalmente, questa sorta di filetti era di larghezza superiore (12-20 cm) rispetto a quelli utilizzati oggi (10-15 cm). Proprio in ragione di queste dimensioni esercitavano una pressione maggiore sui lati della bocca, con un effetto quindi più severo rispetto ai filetti attuali. Sia la civiltà greca sia il mondo preromano ignoravano invece l’uso della briglia (vale a dire del morso con guardie lunghe e barbozzale), che si ritiene sia stato introdotto dai popoli Celti, tra il IV e il III secolo a. C.. Il suo uso sarebbe stato adottato successivamente dai Romani attraverso la mediazione dei Galli, mentre si sarebbe diffuso nel mondo ellenistico a seguito dell’invasione gallica dei Balcani nel 279 a. C.

I popoli del Mediterraneo, comunque conoscevano anche l’uso di cavezze (phorbeia) e cavezzoni, che venivano impiegati per condurre i cavalli a mano e per assicurarli nelle scuderie. Non è da escludere che fossero impiegati anche per guidare gli animali attaccati ai carri. I finimenti trovati nella tomba del faraone egiziano Thutmosis IV insieme a un carro, infatti fanno pensare che i cavalli venissero guidati con una sorta di cavezzone, che esercitava pressione sulle narici degli animali.

Morso in lega di rame con guardie in forma di animali dalla testa umana e una figura centrale attaccata da un leone
Luristan – IX -VIII sec. a. C.
© The Trustees of the British Museum

Alcuni dei morsi più antichi pervenutici provengono dal Luristan, una regione dell’Iran occidentale sui monti Zagros e sono databili tra il 1000 e il 700 a.C.. Sono realizzati in bronzo e costituiti da un cannone di un solo pezzo, dritto o leggermente curvo, con a ciascun estremo una guardia in forma di animale alato. Queste figure di animali avevano nel corpo un foro più grande nel quale passavano i due estremi del­l’im­boc­catura e due asole per affibbiare il  montante della testiera e la redine. I reperti sono stati ritrovati prevalentemente all’inter­­no di tombe, nelle quali erano collocati sotto la testa del corpo inumato. I segni di usura su questi morsi suggeriscono, comunque, che fossero effettivamente usati –  anche se probabilmente solo come accessori da parata – e che non si tratti di mere offerte funebri.

Morsi con guardie zoomorfe, sono stati ritrovati anche in Italia. I più antichi appartengono alla cosiddetta civiltà villanoviana, che tra il IX e l’VIII secolo a. C. fiorì nelle regioni dell’Italia centrale (Etruria Tirrenica, Emilia Romagna e Marche, ma anche, più a sud, Campania e Lucania). Facevano parte dei i corredi funerari delle caratteristiche tombe a pozzetto, nelle quali le ceneri del defunto erano ospitate in un’urna. In questo caso però si trattava di morsi snodati, decisamente meno severi dei tipi orientali.

Morso in bronzo con guardie zoomorfe
Villanoviano (VIII-VII sec. a. C.)
© The Metropolitan Museum – New York

Un’imboccatura a cannone rigido, risalente alla tarda età del bronzo, rinvenuta nel sito di Tell el-Ajjul, vicino Gaza in Palestina, individua un’altra tipologia di morsi, relativamente diffusa nell’antichità. In questo caso le guardie sono costituite da dischi di bronzo forati attraverso i quali passa il cannone e costellati sulla faccia interna da punte. Le guardie servivano a impedire che il morso potesse spostarsi lateralmente nella bocca, mentre le punte ne rafforzavano l’azione coercitiva sul cavallo. Le redini venivano assicurate all’imboccatura con anelli metallici inseriti in piccoli fori praticati agli estremi del cannone. Questo tipo di morso era verisimilmente usato per cavalli attaccati a carri da guerra. Nella sua opera storico-geografica intitolata Indikà,  lo storico greco Lucio Flavio Arriano sostiene che morsi con guardie circolari e punte interne venissero utilizzati anche in India, all’epoca di Alessandro Magno (IV sec. a. C.).

Morso in bronzo con guardie circolari
Cananeo (tarda Età del Bronzo)
Israel Museum, Gerusalemme

Morsi snodati con guardie simili, ma prive di punte interne, sono state ritrovati in Grecia e in Asia Minore. Il loro funzionamento era molto simile a quello di un moderno filetto.

Morso in bronzo con guardie circolari
Greecia o Asia Minore (I millennio a.C.)
© The Metropolitan Museum – New York

In Italia sono stati ritrovati morsi etruschi (o villanoviani) perfettamente conservati risalenti all’VIII secolo a. C. In particolare si segnalano le coppie di morsi ritrovate in alcune sepolture nell’Italia centrale. Di particolare pregio quella rinvenuta nella tomba 39 del sepolcreto Benacci Caprara di Bologna.

Coppia di morsi etruschi in bronzo
Tomba Benacci Caprara 39 (750-720 a. C.)
Museo civico archeologico di Bologna

Si tratta di due filetti in bronzo, con eleganti guardie traforate. Il cannone snodato, come in molti altri morsi antichi, è “ritorto”. Secondo alcuni studiosi, questa tipologia evocherebbe il ricordo dell’epoca in cui venivano utilizzate come imboccature corde di crini, o altre fibre resistenti, in luogo del metallo. A noi sembra molto più ragionevole pensare che invece le scanalature servissero a rendere più incisiva l’azione del cannone sulle barre e quindi più severo il filetto. L’ipotesi ci sembra avvalorata dal diffondersi, in epoche immediatamente successive, di imboccature in cui l’azione del cannone sulle barre viene ulteriormente rafforzata da vere e proprie punte. I due filetti, conservati al Museo archeologico di Bologna, facevano parte di un corredo funerario etrusco risalente al VII secolo (la data della tomba è stimata tra il 750 e il 720 a. C.). Da notare che nelle sepolture italiane di quest’epoca i morsi erano sempre in coppia, perché destinati a cavalli attaccati in pariglia a carri leggeri. Nella tomba sono stati anche ritrovati i perni in bronzo e i fermamozzi delle ruote del carro del defunto, verisimilmente bruciato sulla pira funebre con il corpo. Se in epoca più remota, nella zona di Bologna, i morsi facevano parte di corredi funerari esclusivamente maschili, a partire dalla fine del VII secolo a. C. compaiono anche in alcune tombe femminili particolarmente ricche.

Nella stessa zona si segnala un’altra coppia di filetti in bronzo, ritrovati negli scavi condotti, sul finire dell’Ottocento, nel podere Pradella di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Rappresentano una variante dei morsi bolognesi, con guardie a pelta, o a mezzaluna. Si tratta di una tipologia relativamente diffusa nella zona emiliana, in corredi funerari sia maschili che femminili. Ne sono stati ritrovati (a Verrucchio, in provincia di Rimini) anche una variante con cannone liscio, anziché ritorto.

Filetti in bronzo con guardie a crescente lunare (VIII sec. a. C.)
podere Pradella – Castelfranco Emilia (MO)
Museo Civico Archeologico di Bologna

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QUESADA SANZ, Fernando, El gobierno del caballo montado en la antigüedad clásica con especial referencia al caso de Iberia. Bocados, espuelas y la cuestión de la silla de montar, estribos y herraduras, Gladius XXV, 2005, pp. 97-150

Per ulteriori informazioni sulle immagini pubblicate in questa pagina si seguano questi link:

Morso in bronzo con guardie decorate del Luristan

Morso in lega di rame, con guardie in forma di animali dalla testa umana

Morso villanoviano in bronzo con guardie zoomorfe

Morso greco in bronzo con guardie tonde

Morsi etruschi dalla tomba Benacci Caprara 39

Filetti in bronzo con guardie a crescente lunare – Podere Pradella 

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