Il ruolo del cavallo e delle giostre 
nella cultura rinascimentale 
(parte 2)

Luca Signorelli (attribuito a), Due cavalieri che giostrano,
XV-XVI sec., Musée Bonnat Helleu, Bayonne

by Giovanni Battista Tomassini

Nella prima parte di questo articolo abbiamo visto come il cavallo e le giostre abbiano avuto un importante ruolo simbolico nella rappresentazione del potere della classe dominante, a partire dal XV secolo e nei secoli successivi.

Fatta questa necessaria e spero non troppo noiosa premessa vorrei ora cercare di offrirvi una rapida panoramica dei diversi cimenti cavallereschi che caratterizzarono quest’epoca e le successive e dei quali le giostre, declinate in diverse tipologie, costituivano la categoria più ampia e rappresentativa.

Innanzitutto, va notato che i termini torneo e giostra vengono spesso usati come sinonimi, ma in realtà designano due tipologie di cimenti cavallereschi abbastanza diverse, anche se poi nel tempo assimiliate, vista la scomparsa della prima e la sopravvivenza della seconda. In epoca medievale i tornei erano delle vere e proprie battaglie simulate che, su un territorio delimitato, ma abbastanza vasto, impegnavano due o più fazioni. Questo tipo di cimento poteva assumere caratteri piuttosto cruenti e impegnare i combattenti in più giornate. Proprio il carattere violento di queste manifestazioni portò alla loro condanna da parte della Chiesa e al loro progressivo abbandono in favore di prove meno cruente, come appunto le giostre. Queste avevano un carattere più spiccatamente spettacolare. Si svolgevano in uno spazio delimitato, spesso una piazza cittadina, appositamente allestito in forma di teatro.

Torneo simbolico, XV sec., Manuscript Bibliotèque Nationale de France

Una caratteristica delle giostre che ne enfatizza la dimensione teatrale è che generalmente erano iscritte in una cornice narrativa. Il loro svolgimento seguiva cioè un canovaccio letterario, con un prologo e un epilogo che costituivano la cornice spettacolare e narrativa all’interno della quale erano collocate le prove cavalleresche vere e proprie. Nei giorni che precedevano la gara, un cavaliere, il cosiddetto “Mantenitore”, presentava il proprio cartello di sfida. Di solito questo avveniva nel corso di uno spettacolo in cui venivano recitati sonetti ed eseguite musiche e danze e, generalmente, il Mantenitore si presentava impersonando un personaggio fiabesco, di origine esotica. Oppure un’attrice si presentava come una principessa di qualche lontano paese, minacciata da un potere malvagio e invocava la protezione dei cavalieri locali. Un gioco cortese, chiaramente ispirato ai romanzi cavallereschi medievali e perfettamente in sintonia con l’etica espressa in opere come l’Orlando furioso dell’Ariosto.

Anonimo, Torneo di Belvedere, XVI sec., Museo di Roma

Si distinguono diversi tipi di giostra. Innanzitutto, le giostre all’incontro. In questo tipo di giostra due cavalieri alla volta si affrontavano con le lance. Senza scendere troppo nel dettaglio, possiamo distinguere due tipi di giostre all’incontro: quelle in campo aperto, come per esempio quella che si tenne nel cortile di Belvedere nel Vaticano, nel 1561, per celebrare le nozze di Annibale Altemps e Ortensia Borromeo, e quelle alla barriera (come appunto quella di Cesena). Nel primo tipo i cavalieri si affrontavano in uno spazio aperto, come si vede in questo quadro (oggi conservato al Museo di Roma, che rappresenta il Torneo di Belvedere del 561 al quale si è già accennato). Nella rincorsa il rischio di scontrarsi era però alto. Questo tipo di giostre venne quindi abbandonato perché considerato troppo rischioso. Nelle giostre alla barriera, invece, i due contendenti erano separati da una lizza, che poteva essere uno steccato, o anche semplicemente un telo fissato a un corda tesa tra due pali, in modo che i cavalli fossero obbligati a percorrere due traiettorie parallele.

Lucas Cranach il vecchio,
Il torneo tedesco “Anzogen-Rennen”,
The Metropolitan Museum of Art, New York,

Altri cimenti cavallereschi furono particolarmente diffusi, a partire dalla fine del XV secolo, nella penisola iberica e nei territori europei sotto dominio spagnolo, come il Regno di Napoli e le  Fiandre. Si tratta del cosiddetto gioco delle canne e della giostra dei caroselli. Spagnoli e portoghesi avevano probabilmente mutuato queste prove cavalleresche dai dominatori arabi della penisola iberica, come testimoniava l’abitudine di praticarle indossando abiti “alla moresca”.

Crispijn van de Passe, Il re Louis XIII mentre giostra, in Antoine de Pluvinel, L’instruction du Roy en l’exercice de monter à cheval, Paris, M. Nivelle, 1625, Figure 46

Entrambi questi cimenti venivano disputati tra squadre di cavalieri. Nel gioco delle canne, le squadre si schieravano sui lati opposti del campo. Quindi un primo drappello di cavalieri galoppava sino a portarsi a distanza di tiro dagli avversari e scagliava contro di loro delle canne, come fossero giavellotti. Spesso, queste armi fittizie avevano la punta spalmata con una sostanza adesiva, perché restassero incollate alla corazza dell’avversario. A quel punto gli assaliti partivano al contrattacco, inseguendo gli altri, che ripiegavano verso la schiera amica. Quando, a loro volta, erano arrivati nel campo avverso, gli inseguitori scagliavano i loro dardi.

Juan de la Corte, Gioco delle canne sulla Plaza Mayor di Madrid, 1623,
Museo de Historia, Madrid

La giostra dei caroselli aveva una dinamica simile, solo che i cavalieri si inseguivano scagliandosi dei proiettili di argilla, che gli avversari dovevano evitare con rapidi cambiamenti di direzione dei loro cavalli, oppure proteggendo se stessi e i propri animali con piccoli scudi, generalmente di cuoio. Questo tipo di cimenti cavallereschi rimasero particolarmente popolari nella penisola iberica, sino a epoche relativamente recenti. In Portogallo, per esempio, questo tipo di giochi equestri continuarono a essere praticati sino a tutto il XVIII secolo, come dimostrano queste due splendide tavole, del monumentale trattato portoghese d’equitazione di Carlos de Andrade, Luz da Liberal e Nobre Arte da Cavallaria, del 1790.

Giostra dei caroselli
Carlos de Andrade, Luz da Liberal e Nobre Arte da Cavallaria (1790)

Anche nel caso di questi diversi tipi di giostre, la gara vera e propria era preceduta da sontuosi cortei a cavallo, come quello immortalato da Filippo Gagliardi e Filippo Lauri in questo celebre quadro, ora al Museo di Roma. Rappresenta la Giostra di Caroselli che si tenne nel cortile di Palazzo Barberini, per celebrare l’arrivo a Roma di Cristina di Svezia, la notte del 28 febbraio del 1656 e dà un’idea molto chiara della magnificenza di questi spettacoli.

Filippo Gagliardi e Filippo Lauri, La giostra dei caroselli
nel cortile di Palazzo Barberini, in onore di Cristina di Svezia,
1656-1659, Museo di Roma

Another very popular type of joust, which is still quite widespread and played in many historical re-enactments, is the so-called Quintain, or Saracen Joust. This is a special type of chivalric trial that consists of charging, at the canter, and hitting, with a spear, a rotating dummy that is placed on top of a pole. Usually the dummy has his right arm armed with a mace, or a lash, and has a shield on his left. The Saracen Joust was also called Quintain and included the variant in which, instead of hitting the dummy, the rider had to insert the tip of his spear in a ring suspended from the dummy’s arm. This latter was another type of the “ring race”, which was very popular, and it is still played in many Italian cities, like in the “race of the star”, during the Sartiglia of Oristano.

La Corsa della Stella a Oristano

Si dice “Giostra del Saracino” perché tipicamente il manichino girevole, dovendo impersonare un nemico, aveva le fattezze e l’abbigliamento di un Moro, cioè appunto di un “saraceno”, vale a dire di un musulmano, come i pirati che razziavano le coste italiane, provenendo dal Nord Africa e dai territori dell’Impero Ottomano.

Giovanni Stradano (Jan Van der Straet), Giostra della Quintana sulla via larga, 1561 – 1562,
Palazzo Vecchio, Firenze

On the contrary to what we see today, in many re-enactments of this type of Joust (for example in Arezzo, or in Ascoli Piceno), originally the rider did not have to hit the shield of the dummy, rather it’s head. In fact, if the rider hit the shield he was penalized. 

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