Nuove notizie sulla vita di Cesare Fiaschi
di Giovanni Battista Tomassini
Nuovi dettagli interessanti e sinora sconosciuti della biografia di Cesare Fiaschi emergono dallo studio di alcune fonti antiche, che illuminano di una nuova luce una delle figure più interessanti della cultura equestre del Rinascimento e confutano molte leggende e inesattezze tramandate sul suo conto.
Un curioso destino accomuna gli autori dei primi trattati d’equitazione, pubblicati in Italia durante il Rinascimento. Poco considerati dagli storici di professione che, con qualche luminosa eccezione, li hanno ignorati, sono invece venerati come numi tutelari da un ristretto manipolo di appassionati di storia dell’equitazione, che però di loro non sanno molto più del nome stampato sul frontespizio dei loro libri. Non fa eccezione Cesare Fiaschi, autore di quel Trattato dell’imbrigliare, atteggiare e ferrare cavalli, pubblicato a Bologna nel 1556, che è uno dei libri più affascinanti e originali mai dedicati all’arte equestre. Sulla vita di Cesare Fiaschi le informazioni di cui sinora disponevamo erano scarsissime e in gran parte del tutto errate. Basta fare una ricerca sul web per constatare come sul suo conto siano fiorite leggende senza alcun riscontro e spesso caratterizzate da evidenti anacronismi. Per esempio, molti sostengono che il ferrarese Fiaschi fu allievo di Federico Grisone e che i due collaborarono in una fantomatica accademia di Napoli, oppure che, come scrive André Monteilhet (MONTEILHET, 2009, p. 128), Fiaschi fondò un’altrettanto fantomatica accademia a Ferrara nel 1534 (va detto che gli appassionati di equitazione hanno una vera ossessione per le accademie!). Tutte notizie che non hanno però alcun riscontro nei documenti dell’epoca e che, come vedremo, in molti casi non possono essere avvenute per semplici ragioni cronologiche. Proverò quindi qui di seguito a riunire alcuni dati interessanti e sinora ignoti agli studiosi, riguardanti la vita di Cesare Fiaschi, che ho raccolto recentemente da alcune fonti antiche.
La prima di queste è l’opera monumentale del conte Alfonso Maresti, Teatro geneologico et istorico dell’antiche & illustri famiglie di Ferrara di cui, tra il 1678 e il 1708, vennero stampati i tre voluminosi tomi. Maresti dedica un’ampia trattazione alla storia della famiglia Fiaschi, dalla quale apprendiamo che fu una delle più eminenti famiglie ferraresi. Il padre di Cesare, Girolamo, fu scudiere del re di Francia Carlo IX, mentre sua madre Eleonora apparteneva alla famiglia Sacrati, considerata una delle più in vista e ricche di Ferrara. Cesare fu il decimo figlio della coppia e nacque nel 1523, insieme alla sorella gemella Lucrezia. Dal matrimonio di Girolamo con Eleonora Sacrati nacquero infatti: Alberto (1510), Margherita (1511), Alfonso (1512), Isabella (1514), Alessandro (1516), Margherita II (1518), Ludovico II (1520), Ercole (1522) e appunto Lucrezia e Cesare gemelli (MARESTI, 1708, p. 155).
Cesare sposò Barbara Romei, dalla quale non ebbe figli. Lo dimostra il fatto che, il 22 novembre 1567, fece testamento presso il notaio Renato Cati a beneficio dei nipoti Giacomo e Luigia, figli di suo fratello Alfonso. Maresti scrive inoltre che:
“Hebbe Privilegio Imperiale di Conte, e Cavaliero, di creare Notari, e legittimare Bastardi” (MARESTI, 1708, p. 156).
Da Maresti, apprendiamo che all’epoca della redazione del terzo testamento di suo padre Girolamo, il 24 ottobre 1570, dei cinque figli maschi che quello aveva avuto da sua moglie Eleonora, sopravvivevano solo Cesare e Alessandro.
Per quanto riguarda i fratelli di Cesare, il primogenito Alberto, fu dottore in legge e si recò a Roma, dove ottenne la dignità ecclesiastica. Tornato a Ferrara, venne nominato Canonico della Cattedrale. Le due figure più eminenti furono però Alfonso e Alessandro. Alfonso, servì gli Este e fu inviato come ambasciatore presso la corte di Francia. Ebbe inoltre l’incarico di governatore dei possedimenti che il duca Ercole II aveva ottenuto oltralpe dopo il matrimonio (1528) con Renata e per i servigi che la Casa d’Este aveva reso alla Corona. Alfonso morì nella città di Caen e fu sepolto nella Chiesa dei Frati Minimi di San Francesco di Paola di quella città. Alessandro ebbe anche lui un ruolo di primo piano nella corte estense e fu ambasciatore in Francia, Spagna, a Roma e in Germania. Della sorella gemella di Cesare, Lucrezia, non ci sono invece rimaste notizie. Ercole morì in giovane età, Margherita quand’era ancora in fasce. La seconda Margherita entrò nel Monastero di Santa Maria di Mortara e fu due volte badessa. Anche Isabella prese l’abito religioso nel Monastero di San Vito, di cui fu due volte Madre Superiora.
I Fiaschi risiedevano nello storico Palazzo di famiglia, nella contrada Mucina, contiguo alla Chiesa di Santa Giustina, in quella che oggi si chiama Via Garibaldi. Lo avevano ereditato dal nonno di Cesare, Ludovico, che fu particolarmente beneficato dal duca Ercole I. Oltre a nominarlo Cavaliere e a presenziare alle sue nozze con Margherita Perondoli, nel 1478, il duca donò a Ludovico il palazzo che aveva confiscato al milanese Matteo dall’Erbe, dopo che questi si era schierato con Lionello d’Este nella congiura del 1476 (Frizzi, 1796; Aventi, 1838; Moroni, 1843). Il palazzo venne ristrutturato intorno al 1600, dal marchese Alessandro Fiaschi (Aventi, 1838). È stato purtroppo distrutto il 29 Dicembre 1943, nel corso del primo bombardamento di Ferrara (Piva 2017) e ora al suo posto sorge un condominio moderno.
Di Fiaschi, Maresti scrive che
Cesare […] si dedicò tutto alle attioni Cavalleresche, e perciò fu sommamente celebrato in quei tempi (MARESTI, 1708, p. 156).
Notizie interessanti sulla vita di Cesare ci vengono anche da un’opera dell’abate Antonio Libanori. Nella terza parte del suo libro Ferrara d’oro, “che contiene gl’elogij de’ più famosi, ed illustri scrittori di questa patria”, Libanori ci offre un ritratto di Cesare a dir la verità piuttosto convenzionale e generico:
“Anco il Marchese [probabilmente Libanori si riferisce al titolo che i Fiaschi ottennero in seguito, mentre abbiamo visto che, secondo Maresti, Cesare era Conte] Cesare Fiaschi, Nobilissimo Cavaliere Ferrarese mirabilmente si dilettò di belli, e generosi Cavalli, e come che le sue ricchezze corrispondessero alla generosità del di lui animo, soleva egli fra l’altre magnifiche e splendide operazioni, Tenere in Stalla, un grosso numero di legiadri, e ben fatti Corsieri, di tutte le più rinomate razze, che poteva havere, non guardando a sorte alcuna di spesa per farne venire non solo dal Regno di Napoli, ma Oltremontani e di là dal Mare, sia per servizio delle Carrozze, come da Sella, per cavalcare armeggiare, per la Caccia, Tornei e giuochi cavallereschi. Per lo che n’haveva piene le Stalle e gli faceva poi molto ben governare, curare, et ammaestrare in ogni attegiamento. E non solo per lo più assisteva all’Operazioni, ma in oltre, come peritissimo in quella cavalleresca professione compose un bel Trattato d’imbrigliare, atteggiare e ferrare i Cavalli, diviso in tre Libri, ne quali sono delineate tutte le figure d’ogni sorte di Freno, Briglia, Sella, Ferri et altro che faccia proposito per questa nobile professione”. (LIBANORI, 1674, p.126)
Ben più interessante è la descrizione che Libanori fornisce dell’arme familiare, vale a dire dello stemma, della famiglia Fiaschi:
“L’Arme di questo nobilissimo soggetto consiste in tre More nere, poste in triangolo con foglie verdi in Campo bianco; furono poi con Privilegio di Massimiliano secondo nel 1568 alli 6. Novembre accresciute alli Signori Marchesi Fiaschi le Aquile nere Imperiali in campo d’oro, sì che al presente li Signori Marchesi fanno l’Arma sua inquartata con l’Aquila nera Imperiale in Campo d’oro, e Fiasco bianco in campo rosso, nel mezzo a detti quattro Campi vi è uno scudetto con le tre more accennate, per essere questa l’Arma antica della sua nobilissima Casa” (LIBANORI, 1674, p. 284).
La presenza delle tre more richiama la storia della famiglia Fiaschi. Secondo Maresti, avrebbe origini orientali e sarebbe arrivata in Italia dalla Grecia, nel tredicesimo secolo. A quell’epoca non aveva assunto ancora il cognome che ora conosciamo, ma i suoi componenti sarebbero stati noti come “de’ Mori”. Se ne cominciano però ad avere attestazioni significative a partire dal secolo successivo, quando un tale Pietro Gerasio, si segnala al servizio di Giacomo Attendolo Sforza (1369-1424), duca di Cotignola capostipite della dinastia che da lì a poco si sarebbe impadronita del ducato di Milano. Attendolo assegnò Pietro Gerasio come compagno d’armi di suo figlio Francesco.
Al seguito di Francesco, Pietro Gerasio partecipò alla guerra di successione del Regno di Napoli, opponendosi ad Alfonso V d’Aragona. Secondo quanto riporta Maresti, l’acquisizione del cognome Fiaschi sarebbe legata proprio a un episodio di questa guerra, in cui Francesco e Pietro Gerasio combatterono sotto le insegne della regina Giovanna II d’Angiò. Nelle alterne vicende del conflitto, a un certo punto la regina dovette fuggire per l’incalzare delle truppe nemiche e durante la fuga si ritrovò estremamente assetata, in un luogo dove non c’era acqua. In quel frangente Pietro Gerasio le sarebbe venuto in soccorso con un fiasco di vino, che aveva trovato in quel luogo. Da allora nell’esercito presero a chiamarlo “Pietro dal Fiasco” e questo soprannome passò a quello dei suoi familiari, sostituendo l’antico cognome “de Mori” con quello “dal Fiasco” o “de Fiaschi”. Sarebbe proprio in ricordo di questo episodio che Pietro Gerasio aggiunse il fiasco al suo stemma familiare, con le tre more. Sempre secondo Maresti, poco prima di conquistare definitivamente il ducato di Milano, nel 1448, Francesco Sforza investì Pietro Gerasio del titolo di conte e gli assegnò come feudo la contea del Castello di Tizzano, all’epoca nello Stato di Milano. A testimonianza dello stretto rapporto che lo univa al suo signore Pietro, fu uno dei dodici cavalieri ammesso alla mensa dello Sforza. Alla sua morte Pietro Gerasio fu sepolto nella Pieve di Tizzano, che era nei suoi possedimenti e che oggi è in provincia di Parma.
La prima attestazione certa del cognome Fiaschi a Ferrara risale al 4 aprile 1439, in un atto di acquisto in cui viene nominato come testimone un “egregio viro Bartolomeo alias cognominato Fiasco, famulo Illustrissimi Domini Marchionis Estensis, et filio quondam Iacobi Mattei de Moro” (MARESTI 1708, pp. 147-148). Di lui sappiamo che ricevette un feudo con titolo di Nobile ferrarese da Nicolò III d’Este nel 1428 e ottenne ulteriori benefici nel 1431. Bartolomeo ebbe tre figli, dei quali Ludovico, servì gli Estensi, ottenendo in cambio ampi benefici e possedimenti. È lui il nonno di Cesare, dal quale la famiglia ereditò il Palazzo in città.
È probabile che gli ultimi anni di vita di Cesare furono angustiati da una grave minaccia. L’Italia in cui visse il nostro nobile cavaliere era percorsa dai fermenti religiosi nati con la Riforma luterana e dalla conseguente reazione della Chiesa di Roma, che con il Concilio di Trento aveva deciso di reprimerli con ogni mezzo. Nel 1551 a Ferrara venne processato, condannato e impiccato un predicatore di origine siciliana, un monaco benedettino, Giorgio Rioli detto Giorgio Siculo, autore di opere giudicate eretiche, nelle quali annunciava straordinarie rivelazioni, che sosteneva gli fossero state comunicate direttamente da Cristo. Uomini potenti e umili, così come religiosi e laici, furono affascinati dalle sue dottrine, che venivano divulgate in forma segreta. La persecuzione dei suoi seguaci si protrasse per alcuni decenni dopo la sua morte.
Il 3 dicembre 1567 fu arrestato Francesco Severi, detto l’Argenta, famoso medico e professore dell’Università di Ferrara. Il processo si protrasse per diversi mesi e coinvolse altri ferraresi. La condanna arrivò ai primi di agosto del 1568, e sappiamo da una cronaca dell’epoca che fu letta pubblicamente a Ferrara il 29 dello stesso mese. Severi fu condannato alla galera perpetua, così come diversi altri adepti della setta. Tre vennero decapitati e poi bruciati. Tra le altre condanne figura anche quella a tale Cesare Fiaschi, gentiluomo ferrarese, a dieci anni di galera. La cronaca che riporta queste notizie avverte che, a parte i morti, a tutti i condannati “in progresso di tempo gli furono rimesse in parte tal condemnationi, a quali per intercessione d’amici, et ad altri per altri maneggi, ma principalmente per esser successo un inquisitore non tanto aspro come quello che li condennò” (cit. in PROSPERI, 2011, p. 280). Questo non accadde purtroppo a Francesco Severi, che il 13 luglio 1570 fu di nuovo giudicato colpevole e un mese dopo, decapitato e bruciato.
Se effettivamente il Cesare Fiaschi condannato come seguace della setta giorgiana è il nostro autore è probabile che le intercessioni di amici e familiari potenti non gli siano mancate e che non abbia finito i suoi giorni in una cella, o ai remi di una galera (le condanne all’epoca venivano infatti spesso scontate sulle navi da guerra, in condizioni che facevano rimpiangere le umide segrete del Castello di Ferrara). Questa condanna per eresia, tutta ancora da verificare e da approfondire, potrebbe però spiegare una certa reticenza riguardo alla figura di Cesare da parte degli autori che si sono occupati della famiglia Fiaschi in epoche immediatamente successive ai fatti, quando forse la memoria degli avvenimenti era ancora viva. Di lui di solito si limitano a ricordare l’opera, senza altri dettagli. Maresti, che è quello che più si diffonde sulle vicende personali di Cesare, non fa menzione di alcuna condanna.
In ogni caso, il libro dell’abate Libanori ci offre un’ultima notizia estremamente interessante:, quando a proposito di Cesare Fiaschi scrive:
“il suddetto suggetto morì l’anno 1571, alli 12 d’Ottobre, e fu sepolto in S. Gio. Battista de Canonici Lateranensi” (LIBANORI, 1674, p. 284).
Confesso che quando ho letto queste poche righe sono saltato sulla sedia! Non solo finalmente sappiamo quando Fiaschi è morto, ma addirittura dove risposano le sue spoglie mortali. In realtà, però, mentre non ho ragione di dubitare di una data indicata con tanta sicurezza e precisione, ho invece più di qualche motivo per considerare dubbia l’indicazione del luogo della sepoltura. Non solo perché ho visitato la chiesa di San Giovanni Battista a Ferrara e non vi è alcuna traccia della tomba di Cesare Fiaschi, mentre sono conservate le epigrafi di diverse altre sepolture. A insospettirmi è soprattutto che nessun altro autore ( tra quelli che sono riuscito a consultare e che hanno descritto la chiesa) citi questa tomba, mentre diversi ne elencano puntualmente altre. C’è poi un ulteriore motivo di perplessità. Nel suo Compendio historico dell’origine, accrescimento, e prerogative delle Chiese, e luoghi pij della città, e diocesi di Ferrara, e delle memorie di que’ personaggi di pregio, che in esse son seppelliti, pubblicato nel 1621 (quindi in un’epoca più vicina a quella della morte di Fiaschi), Marcantonio Guarini scrive che la tomba della Famiglia Fiaschi si trovava nella Chiesa di Santa Maria dei Servi, accanto alla Cappella del Crocifisso. Qui, secondo Guarini, erano sepolti Ludovico, che fu caro al duca Ercole I d’Este, sua moglie Margheria Perondoli, e i loro discendenti. Fra questi Guarini cita anche
“Cesare soggetto di elevato ingegno, che scrisse un trattato utile dell’imbrigliare, atteggiare e ferrar Cavalli” (GUARINI, 1621, p. 49)
Se i Fiaschi avevano un tomba di famiglia, è in effetti probabile che anche Cesare vi fosse seppellito. La chiesa di Santa Maria dei Servi venne demolita nel 1635 e ricostruita alcuni decenni dopo. Dal libro che Cesare Barotti dedicò nella seconda metà del Settecento alle Pitture e Scolture che si trovano nelle Chiese della Citta di Ferrara, sappiamo però che la tomba venne traslata nel nuovo edificio, o che quanto meno nella nuova chiesa i Fiaschi continuavano ad avere la cappella di famiglia:
la Cappella della nobil Famiglia Fiaschi; dove il Quadro principale è S. Pellegrino Laziosi sanato della gamba dal Crocefisso; operazione di Giovanna Durandi Milanese Li quatro Quadri laterali dimostranti alcune azioni del detto Santo furono lavorati da Giuseppe Morganti Pistoiese (BAROTTI; 1770, p. 73).
Purtroppo, oggi però nella chiesa non ne è rimasta traccia apparente. L’interno è stato più volte rimaneggiato e ora è alterato da una brutta decorazione probabilmente tardo ottocentesca. I quadri citati dal Barotti sono scomparsi ed è impossibile per il visitatore individuare quale delle nicchie scavate nelle pareti potesse ospitarli. La ricerca, insomma, può e deve continuare.
NOTA: Questo articolo sintetizza i contenuti della conferenza che ho tenuto al Circolo della Stampa di Ferrara, sabato 1 settembre 2018. Voglio qui esprimere tutta la mia amicizia e gratitudine ad Angelo Grasso, presidente dell’UAIPRE – Unione delle Associazioni Italiane del Cavallo di Pura Raza Española, per avermi invitato e avermi così stimolato ad approfondire i miei studi su Cesare Fiaschi. Il mio pensiero va poi al Circolo della Stampa di Ferrara, e in particolare alla vice presidente Simonetta Savino, al segretario Gino Perin e a tutto il Consiglio Direttivo, per avermi fatto il grande onore di accogliermi in qualità di socio onorario. L’amicizia, la considerazione e l’affetto degli amici ferraresi sono per me un dono davvero prezioso.
Bibliografia:
Francesco AVENTI, Il servitore di piazza, guida per Ferrara, Pomatelli Tipografo, 1838.
Cesare BAROTTI, Pitture e Scolture che si trovano nelle Chiese della Citta di Ferrara, Ferrara, appresso Giuseppe Rinaldi, 1770.
Antonio FRIZZI, Memorie per la storia di Ferrara, Ferrara, per Francesco Pomatelli, 1796, Tomo IV.
Marcantonio GUARINI, Compendio historico dell’origine, accrescimento, e prerogatiue delle Chiese, e luoghi pij della citta, e diocesi di Ferrara, e delle memorie di que’ personaggi di pregio, che in esse son sepelliti, Ferrara, presso gli heredi di Vittorio Baldini, 1621
Antonio LIBANORI, Ferrara d’oro. Parte terza. Che contiene gl’elogij de’ più famosi, ed illustri scrittori di questa patria, i quali anno alla stampa l’opere loro di sagra teologia, leggi, filosofia, … e d’ogn’altra più erudita, e varia lettione, Ferrara, nella Stampa Camerale, 1674.
Alfonso MARESTI, Teatro geneologico et istorico dell’antiche & illustri famiglie di Ferrara, Ferrara, Nella stampa Camerale Vol. III, 1708.
André MONTEILHET, Les Maîtres de l’oeuvre équestre, Arles, Actes Sud, 1979 (nuova ed. 2009).
Gaetano MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, Venezia, Tipografia Emiliana, 1843.
Florio PIVA, C’era una volta Palazzo Fiaschi, Un gioiello architettonico della vecchia via Garibaldi, Listone Magazine, 30 novembre 2017.
Adriano PROSPERI, L’eresia del Libro Grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta, Milano, Feltrinelli, 2011.
3 Comments
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[…] Di seguito il testo della conferenza http://worksofchivalry.com/it/nuove-notizie-sulla-vita-di-cesare-fiaschi/ […]
Buongiorno, ho letto con molto interesse il suo lavoro ma non mi è chiara la data di nascita del Fiaschi, soprattutto in relazione alla data di avviamento dell’Accademia. Riscontrerei una contraddizione di date se effettivamente Fiaschi fosse nato nel 1523 e, come menzionato in molti testi, la sua Accademia fosse stata avviata nel 1534, quando lui aveva solo 11 anni. Quale è il suo pensiero ed il frutto delle sue ricerche in proposito?
La ringrazio molto per un gradito cenno di risposta. Cordiali saluti
Simona Ceccherini
Cara Simona, innanzitutto grazie della sua attenzione e del suo apprezzamento per il mio lavoro. In effetti, nel mio articolo indico proprio la presunta fondazione di un’accademia da parte di Fiaschi come una delle numerose inesattezze e leggende circolate nel recente passato sul conto dell’autore ferrarese, come sul conto di altri autori di trattati equestri. Non c’è alcun documento dell’epoca che dimostri la fondazione di un’accademia di armi e lettere a Ferrara da parte di Fiaschi. E come giustamente lei nota, la data di presunta fondazione indicata da André Monteilhet, 1534, non è cronologicamente compatibile con la data di nascita, 1523, di Fiaschi indicata da Alfonso Maresti che, diversamente dal primo, fondava le sue affermazioni su documenti della famiglia Fiaschi. Per dirla in modo più piano e diretto, secondo me non c’è stata alcuna accademia fondata da Fiaschi a Ferrara. Ovviamente, sarò pronto a ricredermi se si troveranno documenti dell’epoca che attestano il contrario. Come scrivo ironicamente tra parentesi, i moderni storici (per lo più storici dilettanti) dell’equitazione hanno una vera mania per le accademie. Questa mania è solo in parte giustificata dalla diffusione di questo particolare tipo di istituzione culturale nel nostro paese nel XVI e XVII secolo. Su questo argomento la rimando al mio libro “Le opere della cavalleria”, nel quale troverà una trattazione più ampia e approfondita sul tema delle accademie cavalleresche (trova informazioni a riguardo del libro e su come acquistarlo, clickando su questo link: http://worksofchivalry.com/it/il-libro/).